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Mercato e Impresa in Europa

Introduzione

L'Atlantico e le condizioni geografiche dell'isla gaditana,

al crocevia dell'economia mondiale

             Cadice, il nucleo urbano più antico dell'occidente, ha sempre colpito chi la vedeva per la prima volta, ma anche chi già la conosceva a fondo, per la sua straordinaria posizione geografica.[1] Questa città, posta all'estremo margine della Spagna, affacciata sul litorale Atlantico e slanciata verso le più disparate rotte marittime, ha rappresentato a lungo il centro di traffici mondiali, il confine tra civiltà e mondi diversi, che attraverso di essa entravano in relazione, creando una fitta rete di rapporti commerciali.

            Uno dei motivi essenziali dell'espansione gaditana fu costituito dalle condizioni ambientali estremamente vantaggiose - tra le migliori di tutto il continente europeo -, in cui si trovavano le sue coste quali terminali dei collegamenti marittimi con le terre d'oltremare.[2]

            Certo, non fu solo la posizione strategica del luogo a determinare lo sviluppo eccezionale di Cadice, iniziato con la scoperta dell'America e giunto al suo culmine nell'epoca "dorata" del diciottesimo secolo, ma la peculiarità del luogo ha rappresentato uno dei fattori fondamentali per la comprensione di tutte le fasi della storia gaditana.[3] E il suo mare, "l'Atlantico di Cadice" - per parafrasare l'espressione degli Chaunu relativa a Siviglia -,[4] divenne sempre più, a partire dal momento del descubrimiento, l'immenso spazio attraverso cui si espandevano gli scambi mondiali, sopravanzando il Mediterraneo come centro degli interessi e dei traffici degli Stati con una struttura commerciale più avanzata. Braudel, a tale proposito, ha mostrato come questo mutamento di fondo nella storia dei mari e del loro predominio sia avvenuto con molta gradualità e come il Mediterraneo abbia contribuito alla "costruzione" dell'Atlantico degli spagnoli.[5]

            La formazione della più importante via di commercio del mondo occidentale, la Carrera de Indias, che attraversava nel percorso di andata e ritorno l'Atlantico, il «mar delle Tenebre»,[6] rappresentava quasi fisicamente l'evoluzione del rapporto tra l'Europa e il Nuovo Mondo, la costituzione di una nuova economia atlantica. Economia che si sarebbe imposta, per la quantità e il valore delle merci scambiate, attraverso le flotte che solcavano l'oceano e ne collegavano i principali porti - dei quali, ben presto, entrò a far parte anche Cadice -, che fondavano il sistema dei collegamenti e dei traffici internazionali.[7]

            La nuova via di navigazione non si limitava a favorire l'irradiamento delle comunicazioni marittime verso le lontane mete d'oltreoceano, ma delineava un evento generale di grande valore innovativo. Infatti, il percorso del traffico transoceanico non rappresentava solo il tragitto di andata e ritorno delle navi mercantili che collegavano il porto gaditano con quelli di Veracruz, Portobelo o Cartagena, ma era il mezzo concreto attraverso cui si stabilivano relazioni economiche tra due società, producendo conseguenze di notevole portata su ciascuna di esse.[8]

            Cadice, grazie alla sua particolare condizione di città posta all'incrocio delle rotte commerciali atlantiche, tra l'oriente e l'occidente, tra il nord e il sud del mondo, acquisì il ruolo di uno dei principali - se non il più importante - centri di scambio europei, svolse una funzione economica e, poi, anche finanziaria, di primo piano durante il predominio coloniale spagnolo nei territori americani. Infatti: «durante el siglo XVIII y primer cuarto del siglo XIX, hasta la Independencia colonial, el comercio con América tiene un nombre propio: Cádiz. La ciudad y su bahía, casi dos siglos a la sombra del monopolio sevillano, emergen a un protagonismo universal al convertirse en uno de los grandes centros del comercio mundial de la época y uno de los principales puertos europeos. Durante la centuria alcanzó el más elevado grado de urbanismo y fue ciudad cosmopolita con comerciantes, casas de comercio y corresponsales de las principales plazas europeas a la vez que crisol de la burguesía mercantil española. Pero al mismo tiempo era el primer centro financiero del país, vinculado no sólo a financiar, directamente o por intermediación, el comercio colonial sino ligado a lo que hubieron de ser importantes innovaciones».[9]

            Città popolata da eccellenti marinai, pescatori, trasportatori e, perfino, corsari, è con l'età moderna che Cadice iniziava la sua ascesa, prima con l'affermazione del monopolio negli scambi con l'Africa del nord e, poi, con la conquista del mercato delle "Indie", stabilendo un rapporto simbiotico con Siviglia, di cui in quell'epoca rappresentava l'altra faccia, e avviando con questa una sorta di duopolio commerciale durato circa tre secoli.[10]

            Durante il primo periodo di espansione degli scambi coloniali, Cadice si limitò a svolgere le funzioni di porto di scalo, lasciando a Siviglia, sede di una fiorente burguesía de negocios, il ruolo di porto commerciale: la striscia di terra gaditana, allora, era l'approdo più favorevole per la sosta e il riposo, per l'approvvigionamento e la riparazione delle navi, ma non era in grado, anche a causa delle scarse possibilità di difesa e delle difficoltà delle comunicazioni con l'interno, di fungere da terminale dei traffici transoceanici.

            In questa fase, Cadice, nonostante il monopolio mercantile del porto di Siviglia, diede impulso alla propria crescita economica come vera metropoli del commercio illecito, organizzando una rete di attività "sommerse" di distribuzione e favorendo la diffusione del contrabbando.

            Tuttavia, anche dal punto di vista degli scambi commerciali, doveva scoccare l'ora di Cadice, che, a partire dalla seconda metà del XVII secolo, iniziò a sostituirsi a Siviglia come cabecera del mercato coloniale, come «puerto y puerta de las Indias». In questo secondo periodo di sviluppo impetuoso delle attività di scambio, la baia gaditana assunse sempre più la funzione di vero e proprio «emporio del orbe», come la descriveva fray Gerónimo de la Concepción,[11] divenendo la città più "americana" d'Europa.[12] Cadice era arrivata in ritardo all'avventura d'oltremare, attraverso fasi diverse in cui aveva mutato la sua stessa identità di città commerciale e aveva portato a compimento - attraverso un lento, ma inesorabile, processo di trasformazione - il ciclo storico di principale mercato coloniale europeo.

            La città gaditana, in tutto l'arco della sua storia, in particolare di quella moderna e contemporanea, è stata modellata dall'attività marittima e commerciale, tanto da far sostenere, a più riprese, che Cadice è sempre stata ciò che è stato il suo commercio. O che dal XVI secolo fino all'inizio del XIX, Cadice è vissuta ed ha prosperato in virtù della sua posizione nel commercio americano. O, ancora, che la singolarità di Cadice in tutta la sua trimillenaria storia scaturisce dal fatto di essere una delle pochissime città spagnole (se non l'unica) in cui la funzione mercantile predominava in modo esclusivo. O, infine, che i due fatti eminentemente geografici che hanno favorito lo sviluppo di Cadice sono stati il suo carattere marittimo e insulare e la sua collocazione in uno dei grandi crocevia delle comunicazioni mondiali.[13]

            Questo riaffermato collegamento tra condizioni geografiche e traffici commerciali, tra mare, navigazione e attività di scambio, è il filo da riannodare per ricostruire nelle loro giuste dimensioni gli avvenimenti economici che fecero di Cadice un caso di crescita senza precedenti, di espansione e arricchimento, avvenuti in assenza delle risorse naturali e dei fattori endogeni che hanno caratterizzato lo sviluppo capitalistico delle aree europee più avanzate. Infatti, l'ubicazione e le altre peculiarità ambientali del centro gaditano ne hanno caratterizzato l'evoluzione, fin dall'inizio, imponendo la realizzazione di una economia ad una sola dimensione.[14]

            Cadice, priva di attività primarie ad eccezione della pesca e con un settore secondario limitato ad alcune iniziative artigianali, aveva fatto del commercio «el norte y la guía de todo su quehacer económico». E il predominio dell'attività mercantile aveva fatto sentire i suoi effetti su tutti gli aspetti della vita cittadina: sull'assetto urbanistico e sull'edilizia, sulla variegata composizione della popolazione, sulla specificità di una struttura sociale tanto elementare, sulla mancanza di una dialettica tra la città e la campagna, sulla cultura e sui comportamenti sociali.

            La città, cresciuta secondo i canoni cartesiani, di rigide geometrie rette, appena addolcite dalla grazia e dalla creatività andalusa, era caratterizzata da un'edilizia verticale, da lunghe e fitte strade che si intersecavano tra loro alla ricerca dello sbocco verso il mare e da edifici in cui si trovavano riuniti il negozio, il magazzino, l'abitazione del commerciante e la torretta per scrutare l'orizzonte in attesa dell'arrivo di navi e mercanzie.[15]

            La popolazione era composta in parte rilevante da forestieri, giunti in città con lo scopo di dare avvio ad un'attività commerciale; la stratificazione sociale, poi, non era particolarmente articolata, basandosi su una borghesia mercantile diffusa, con livelli di reddito medi; la struttura economica, polarizzata sul commercio, infine, in assenza di un'agricoltura e di un'industria significative, non favoriva l'insorgere dei fenomeni di dialettica sociale e dei conflitti, propri di realtà più complesse.

            Altri aspetti della vita cittadina, come il fervore associativo e culturale - Cadice era un esempio di grande maturità e dinamismo intellettuale, con i suoi tre teatri, le biblioteche, le istituzioni scientifiche, gli svariati caffè e circoli letterari, i giardini botanici -, o, come l'animazione delle strade e dei paseos, la ricercatezza dei vestiti e il lusso, l'apertura alla presenza, alla lingua e alle abitudini degli stranieri, dimostravano che l'ambiente gaditano era stato influenzato dal cosmopolitismo mercantile e plasmato dalla contaminazione di culture e civiltà diverse, tipiche di una città in cui prevaleva, in senso assoluto, il commercio.[16]

            La perdita dei domini coloniali d'oltremare comportò, nel terzo decennio del XIX secolo, la caduta verticale dell'attività di scambio e il definitivo ridimensionamento di Cadice come città mercantile per eccellenza, spingendola ai margini del processo di sviluppo europeo e costringendola in uno stato di sempre più grave prostrazione.[17]

            Il carattere del commercio si andò rapidamente trasformando: l'importanza del porto gaditano venne limitata ai soli obiettivi dei traffici interni e dei collegamenti con le Canarie. Si riduceva, cioè, la funzione distributiva e di scambio della città ad un'estensione di mercato di natura esclusivamente regionale e locale.

            Cadice, privata delle sue comunicazioni con i territori d'oltreoceano, senza più l'Atlantico e le colonie, senza quel mix che l'aveva fatta unica e grande, si avvitò progressivamente in una spirale di decadenza e di inerzia, entrando nel periodo più oscuro della sua vita degli ultimi quattro secoli.

            Il ciclo della straordinaria ed irripetibile vicenda storica della «capitale mercantile d'Europa», come pure è stata chiamata, si era chiuso. E Cadice, condannata ad un pesante ritardo nei confronti delle grandi aree produttive europee e ad un isolamento sempre più evidente rispetto ai processi di liberalizzazione degli scambi, pur non rinunciando alla speranza di un ritorno allo splendore del "secolo d'oro", continuava a guardare con nostalgia al periodo della sua affermazione e supremazia. Questa sensazione così forte pervadeva anche chi si trovava di passaggio nella baia gaditana e riusciva a cogliere alcuni tratti peculiari di una città, che viveva la sua fase di declino con un atteggiamento solo apparente di distacco.[18]

 



 

[1] «Scesi sotto coperta per pigliare il canocchiale; quando salii vidi Cadice. La prima impressione che mi fece fu di mettermi in dubbio se fosse o non fosse una città; poi risi; poi mi voltai verso i miei compagni di viaggio coll'aria di chi domanda che lo rassicurino che non s'è ingannato. Cadice sembra un'isola di gesso. É una gran macchia bianca in mezzo al mare senza una sfumatura oscura, senza un punto nero, senza un'ombra; una macchia bianca tersa e purissima come una collina coperta di neve intatta che spicchi sur un cielo color di berillo e di turchina in mezzo a una vasta pianura allagata. Una lunga e sottilissima striscia di terra l'unisce al continente; da tutte le altre parti è bagnata dal mare, come un bastimento sul punto di far vela, non trattenuto più alla riva che da una catena». Così ne rendeva l'immagine Edmondo De Amicis, nelle sue impressioni di un viaggio in Spagna, (E. De Amicis, Spagna, Firenze, G. Barbèra Editore, 1928, pp. 378-379).

 

[2] Le coste del golfo di Cadice presentano condizioni straordinarie - a cui si possono paragonare solo quelle del litorale sud-orientale del Portogallo - per una navigazione a vela transoceanica. In particolare, nei mesi da maggio ad ottobre, il vento di  prealisio rende estremamente favorevole il viaggio verso le Canarie.

 

[3] La descrizione che ne fa García-Baquero mostra in tutta evidenza la felice contraddizione tra un'ubicazione (asientamento) assai sfavorevole e una disposizione (situación) della città estremamente propizia: «Las características geográficas del sitio sobre el que se levanta la ciudad no pueden ser más desfavorables. Ausencia de agricultura, debido a la naturaleza geológica de su suelo, escasez de agua, tendencia al aislamiento, imposibilidad material de crecimiento, son los rasgos que caracterizan el lugar en el que se asienta la ciudad. (...) Cádiz no es un producto de su asentamiento, sino de su situación. En efecto, limitada en el sentido horizontal, comprimida en el perímetro de sus murallas, prisionera del mar, Cádiz era una ciudad que no podía subsistir por sí misma. Ahora bien, precisamente este mismo mar que la aprisionaba le abría, en compensación, un cúmulo de posibilidades. De acuerdo con las peculiaridades que Braudel concede a las penínsulas, su relativo aislamiento respecto a las masas continentales queda compensado por su apertura ilimitada hacia el mar. Cádiz no podía ser una excepción. Nació ya con una obligada vocación marinera y mercantil. (...) Sin agricultura ni industria, carente de lo más necesario para la vida, Cádiz va a depender estrechamente, a lo largo de toda su historia, de su única fuente de subsistencia: el mar» (A. García-Baquero González, Comercio colonial y guerras revolucionarias. La decadencia económica de Cádiz a raíz de la emancipación americana, Sevilla, Escuela de Estudios Hispano-Americanos, 1972, p. 29).

 

[4] Cfr. H. Chaunu, P. Chaunu, Séville et l'Atlantique (1504-1650), 12 voll., Paris, S.E.V.P.E.N., 1955-1960.

 

[5] Braudel, intitolando un paragrafo della sua opera su Civiltà e imperi del Mediterraneo "Parecchi Atlantici", rileva: «L'Atlantico del secolo XVI è l'associazione, la coesistenza più o meno perfetta di molti spazi in parte autonomi. (...) In qual modo questi oceani mettono capo alla vita del Mediterraneo, e in qual modo quest'ultimo agisce attraverso i loro spazi immensi? La storia tradizionale presentava in passato tutti questi oceani, in blocco, come il nemico numero uno del Mare Interno, in quanto lo spazio più vasto aveva soggiogato lo spazio di dimensioni minuscole. Ciò significa semplificare le cose. Esagerazione per esagerazione, sarebbe meglio dire che il Mediterraneo ha dominato a lungo il suo immenso vicino e che la sua decadenza si spiega, tra l'altro, col fatto che quel dominio un giorno venne meno. (...) Per tutto il secolo XVI, esso non è quell'universo abbandonato e impoverito che i viaggi di Colombo e di Vasco de Gama avrebbero bruscamente rovinato. Al contrario, esso costruisce l'Atlantico e ricrea e proietta le proprie immagini nel Nuovo Mondo iberico. (...) Il Mediterraneo ristretto, nel cuore dell'immenso spazio che l'avvolge, rimane fino al 1600 un'economia viva, agile, dominante. La grande storia non l'ha abbandonato precipitosamente, agli inizi del secolo, con armi e bagagli. La vera ritirata suonerà, per esso, soltanto più tardi» (F. Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II, Torino, Einaudi, 1976, vol. I, pp. 229-231 e p. 236; ed. orig. La Mediterranée et le Monde méditerranéen à l'époque de Philippe II, Paris, Librairie Armand Colin, 1949).

 

[6] Era questa l'espressione con la quale gli arabi indicavano l'oceano Atlantico.

 

[7] Cfr. L. N. McAlister, Dalla scoperta alla conquista. Spagna e Portogallo nel Nuovo Mondo 1492-1700, Bologna, il Mulino, 1992, p. 310 e pp. 609-617; ed. orig. Spain and Portugal in the New World, 1492-1700, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1985.

 

[8] Cfr. J. Fontana, Prólogo, in A. García-Baquero González, Cádiz y el Atlántico (1717-1778). El comercio colonial español bajo el monopolio gaditano, Cádiz, Diputación Provincial de Cádiz, 1988, tomo I, p. XVIII.

 

[9] A. M. Bernal, La financiación de la Carrera de Indias (1492-1824). Dinero y crédito en el comercio colonial español con América, Sevilla, Fundación El Monte, 1992, p. 294.

 

[10] Infatti, come è stato osservato: «Si Sevilla primero y Cádiz, tímidamente en un principio y en espléndida plenitud después, se convirtieron en claves interpretativas del mundo - en el aspecto histórico y en el económico -, fue justamente gracias a lo que ocurrió a partir de 1492. Y en eso - el hallazgo de un Nuevo Mundo - tuvieron (...) un papel fundamental. (...) Con todo, (...) hay motivos para hablar de un puerto simbiótico Sevilla-Cádiz, con participación de Sanlúcar (en la desembocadura del río de Sevilla) y del Puerto de Santa María (en la bahía gaditana). Si Sevilla fue preferida sobre Cádiz durante dos siglos y Cádiz sobre Sevilla durante uno, ello fue por motivos político-estratégicos; pero las piezas estaban colocadas de tal modo, que el doble puerto sería por espacio de más de 300 años el principal pedúnculo del Viejo Mundo en sus relaciones con el Nuevo, y hasta cierto punto, en sí mismo, una mezcla de mundos también» (J. L. Comellas, Sevilla, Cádiz y América. El trasiego y el tráfico, Málaga, Editorial Arguval, 1992, p. 21 e p. 16).

 

[11] Cfr. G. de la Concepción, Emporio de el Orbe. Cádiz ilustrada, investigación de sus antiguas grandezas, discurrida en concurso de el general Imperio de España, Amsterdam, Imprenta de Joan Bus, 1690.

 

[12] «Cádiz se erigió en el núcleo mercantil más importante y dinámico del litoral español y en el verdadero nexo de unión entre toda la Europa comercial y marítima de un lado y el vasto continente americano del otro, concentrando y canalizando, como se decía en una memoria comercial francesa de la época, "tous les échanges qui constituent le grand commerce que ces deux parties du globe font entre elles"» (A. García-Baquero González, Cádiz según las Respuestas Generales del Catastro de Ensenada, in Cádiz 1753, Madrid, Tabapress, 1990, pp. 15-16).

 

[13] Cfr. A. Domínguez Ortiz, La burguesía gaditana y el comercio de Indias desde mediados del siglo XVII hasta el traslado de la Casa de Contratación, in La burguesía mercantil gaditana (1650-1868), Cádiz, Instituto de Estudios Gaditanos, 1976; J. Gómez Crespo, Importancia marítima de Cádiz, especial en el aspecto comercial y militar, in Las Juntas literarias de Cádiz, 1942-1945, Cádiz, Establecimientos Cerón y Librería Cervantes, 1946, p. 197.

 

[14] Come ha acutamente sintetizzato Ramos Santana: «La posición y características de Cádiz - un islote rocoso situado en la boca del Mediterráneo, la ruta marítima que más influencia ha ejercido en la historia del hombre - condicionó desde los mismos momentos de su mítica fundación la trayectoria temporal de la vieja ciudad de Hércules. Desde entonces, Cádiz quedó ligada a la navegación y al intercambio comercial. Una ligazón que se fue potenciando con el paso de los siglos hasta convertirse en su sello principal y prácticamente único tras el descubrimiento y conquista de América» (A. Ramos Santana, Introducción, in D. Conte Domecq, Carteles de Barcos, Cádiz, Ingrasa y Diario de Cádiz, 1992, p. 11).

 

[15] I quartieri di Cadice, nel corso del XVIII secolo, si svilupparono in conformità ai canoni cartesiani. Purtuttavia, si trattava di un modello urbano del tutto peculiare, nel quale le strade erano "quasi" rette, gli angoli delle piazze erano "quasi" a novanta gradi, le piazze erano "quasi" quadrate: questo disegno era il portato della creatività andalusa, che riusciva a conferire dolcezza e originalità anche all'applicazione di principi apparentemente rigidi.

 

[16] Cfr. J. A. de los Heros Fernández, Discursos sobre el comercio, Madrid, Imprenta de Antonio Espinosa, 1790.

 

[17] Infatti, la prosperità di Cadice dipendeva quasi esclusivamente dal suo commercio, che, a sua volta, si fondava sulle relazioni con le colonie d'oltremare. Visto questo stretto legame, qualsiasi interruzione delle vie di navigazione atlantiche e dei rapporti con i territori americani si rifletteva pesantemente sull'andamento delle attività mercantili gaditane.

 

[18] De Amicis rende bene questa nuova atmosfera della città: «In verità, io ero ben lontano dall'immaginare che fosse così gaia e ridente questa terribile e sventurata Cadice, arsa dagl'Inglesi nel secolo decimosesto, bombardata sulla fine del decimottavo, devastata dalla peste, e poi ospite delle flotte di Trafalgar, sede della giunta rivoluzionaria durante la guerra dell'Indipendenza, teatro di stragi orrende nella rivoluzione del 1820, bersaglio delle bombe francesi nel 1823, e antesignana della rivoluzione che sbalzò dal trono i Borboni, e sempre inquieta e turbolenta e prima fra tutte a lanciare il grido della battaglia. Di tante vicende e di tante lotte non restano che palle di cannone confitte nei muri, poiché su tutte le altre traccie della distruzione è passato l'inesorabile pennello, che copre d'un velo bianco ogni vergogna. (...) Ma il tempo ha fatto ben di peggio che togliere a Cadice i monumenti antichi: le tolse il commercio e le ricchezze, dopo che la Spagna perdette i suoi possedimenti d'America; ed ora Cadice giace là inerte sul suo scoglio solitario, aspettando invano le mille navi che venivano un giorno imbandierate e festose a recarle i tributi del nuovo mondo» (E. De Amicis, Spagna, cit., pp. 381-382).